“Dov’è rimasto il nostro sorriso?” è scritto sul muro di una casa nel centro di Pankow, le persone sono costrette a sorridere in modo riflesso quando leggono quella scritta. C’è un muro in ognuno di noi. È il nostro demone, è ciò che crea un al di qua ed un aldilà. Issarsi in cima al muro e cavalcare in confine, è cavalcare il confine della propria anima. L’istante che passa tra il lasciare andare ciò che eravamo per far posto a ciò che vorremmo essere, si dilata e si fa eternità.Nessuno è eluso dal destino della “discrepanza”. A non riuscire ad immaginarsi effetti enormi non sono coloro che li provocano.
La scrittura scenica nasce dalle emozioni suggerite dal corpo. Così comincia il nostro viaggio. Cinque corpi. Una ricerca mossa dall’urgenza di abitare lo stesso spazio scenico con una “scrittura di attore” dove l’attore è “colui che agisce” alla ricerca di una verità, piuttosto che di una realtà e utilizza l’improvvisazione corporea per costruire una partitura emotiva che nasce quindi dal corpo e dalla sua memoria. Partenza, la nostra preesistenza. Abbiamo viaggiato nei ricordi per ritrovare i bambini che fummo nel nostro 1989; abbiamo pizzicato le corde della nostra anima di ciò che siamo oggi, trasformandole in azioni e quindi, in “essenza ed esistenza” scenica.
Non è solo la storia del muro di Berlino, ma un cerimoniale; la storia si fa pre-testo: la sindrome di Cassandra, l’Acrobata sfida.
Spazio scenico nudo, abitato da corpi, luci ed ombre, che a volte svelano e a volte celano, ma sempre fendono come un enorme cicatrice in un continuo divenire, passato che si fa futuro e poi presente. Se ed altro da se. Un sogno che diviene pista di realtà più vera nel mezzo di due piatte simulazioni di realtà.
È una storia fatta di persone che anche se per poche settimane, furono davvero ciò che avrebbero voluto essere.
Ramona Tripodi